E se ci fossimo trovati noi al posto dell’Ucraina, cosa avremmo fatto?
Ci rifletto mentre mi confronto con una cara amica di Leopoli residente in Italia per lavoro.
La sua famiglia è lì: il fratello e il genero decisi a combattere e la figlia, insieme alla nipotina di pochi anni, in fuga verso la Polonia. Sono ore frenetiche, il cellulare squilla e gli aggiornamenti che sfuggono alle morse della propaganda e della disinformazione trasmettono in diretta il peso della cronaca.
Lei, lontana in un Paese straniero, osserva impotente la sua patria ferita, il crollo di ogni certezza e i sacrifici di una vita spazzati via.
È tanta la preoccupazione per i familiari rifugiati e per quelli coinvolti nella resistenza, così per i parenti più anziani che non hanno potuto o voluto allontanarsi da casa.
Ad un tratto la disperazione prende il sopravvento e si chiude in un pianto silenzioso.
Nelle sue lacrime rivedo quelle della mia bisnonna, quando – durante i racconti che condivideva con me – il ricordo tornava alla seconda guerra mondiale e all’indescrivibile sofferenza vissuta. Per lei oltre sessant’anni di pace non erano serviti a dimenticare il dolore, né a nascondere qualcosa di più profondo di semplici cicatrici.
Guardo la mia amica negli occhi lucidi, comprendo la sua rabbia, sento l’ angoscia travolgente che cerca di soffocare mantenendo il carattere riservato e composto che la contraddistingue.
Continua a leggere . . .
Nessun commento