Il 2 gennaio in Messico, nel primo giorno del suo mandato, è stata uccisa nella sua casa Gisela Mota, 33 anni, neo-sindaca di Temixco, nello stato di Morelos. Da poco insiediatasi, era in prima linea nella lotta ai narcotrafficanti. E’ l’ennesima vittima di una realtà spietata che senza remore uccide chiunque vi si metta contro.
Così è stato lo scorso marzo per la giovane collega di Mota, Aidè Nava Gonzales candidata sindaca nel vicino stato di Guerrero (apparteneva come Mota al Prd partito di centrosinistra), che prima di essere brutalmente assassinata (decapitata) ha perso figlio e marito, entrambi vittime dei Narcos.
Quello di Gisela Mota è dunque solo l’ultimo di una lunga serie di delitti, tutti perpetrati dai trafficanti di droga. Secondo il Prd sono 100 i sindaci uccisi in un decennio, un dato che avrebbe potuto frenare la voglia di libertà e giustizia di Gisela, che invece non si è lasciata intimidire. Il suo messaggio era: “Coltivare la speranza per non cedere alla rassegnazione e allo sconforto”.
Anche se chi non si arrende diventa un soggetto pericoloso, scomodo e costantemente a rischio, è evidente che oggi, in Messico, accettare tutto questo senza mostrare reazione, con sconfortante passività, significa condannare se stessi a un futuro grigio. Per questo ci sarà sempre bisogno di persone come Gisela e come i cento sindaci che non hanno voluto cedere nulla a un mostro gigantesco che col suo mantello nero sta avvolgendo tutto.
Dura la reazione di Graco Ramirez del Prd, nonché governatore dello stato di Morelos, che ha detto: “non ci sarà alcuna impunità, non ci sarà nessun cedimento”. Una risposta forte per ribadire che non sono i Narcos ad essere invincibili, ma l’ideologia che ha accomunato i 100 sindaci morti per difendere la legalità, i reporter, Gisele e tutti i cittadini onesti che non hanno chinato la testa.
Giuseppe Palombo
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