Il suo nome è Emanuele Cerullo, ha 22 anni e viene da Scampia. Nella vita studia lettere all’università Federico II e fa il poeta, di professione e per passione, per intuito, per amore. Emanuele con la sua arte nata come semplice forma di espressione, quasi per esigenza di comunicare, ha costituito spesso un caso mediatico, non tanto perché da quando aveva tredici anni scrive poesie e le scrive bene, quanto piuttosto perchè Emanuele vive e fa il poeta in una realtà come Scampia. Incuriositi da questa nuova promessa della letteratura e dalla sua storia, in occasione della presentazione del suo secondo libro che si terrà l’11 febbraio presso “Il Tempo del Vino e delle Rose” a piazza Dante, lo abbiamo intervistato.
Partiamo dalla domanda più scontata ma anche spontanea. Tu scrivi da che eri giovanissimo, e in un contesto che in genere non agevola la cultura. Cosa ti ha spinto a farlo?
É una semplice esigenza di esprimersi, di esporre in qualche modo il piccolo universo interiore che ci portiamo dentro, di lasciare un segno, una traccia, un pensiero, un’emozione provata, al pubblico, ad un amico, ad un fratello, ad un lettore. Un’esigenza che ognuno può provare e che ognuno espone in un modo diverso. Io ho scelto la poesia perché la poesia ha scelto me, ma prima di arrivare a questa precisa forma ne ho provate altre. Alcuni testi nascono come canzoni, come fusione di musica e parole, ma è stato un semplice esperimento. Ho provato l’ebbrezza del palco, da principiante, e ho scritto, come scrivo ancora, anche in prosa…ma ognuno di noi conserva dentro una propria forma d’espressione artistica, e la mia è la poesia.
Chi ti ha sostenuto inizialmente? La tua famiglia era al corrente di tutto ciò?
Certamente la mia famiglia oggi mi sostiene con fervore, ma l’input non parte dai miei genitori. Sono persone semplici e non hanno avuto un ruolo caratterizzante nel mio avvicinamento verso la scrittura, ma una cosa che ricordo con affetto è che mio fratello, che lavorava in un deposito di libri, quando avevo dodici anni mi portò “La vita nuova” di Dante. Così mi legai a questo grande autore e mi dedicai a studiarlo con passione.
Leggendo le tue poesie salta subito all’occhio che sono pregne di frasi e passaggi a volte criptici…facile ipotizzare che si tratti di frammenti di vita vissuta…confermi?
Vita vissuta, situazioni viste, scrutate, osservate, persone conosciute, ma anche spesso riferimenti culturali e frequenti gli ideali e le filosofie di vita. La mia poesia parla di me, mi ha dato la possibilità di esprimere, e non denunciare, ma semplicemente esprimere, quanto di crudo ho potuto osservare crescendo a Scampia, ma anche quanta positività potrebbe essere insita in una nuova generazione tutta da germogliare.
Già giovanissimo sei diventato una sorta di fenomeno mediatico. Hai incontrato difficoltà nell’affrontare la pubblicità dovuta al ruolo di “Poeta” nel quale ti sei imbattuto abbastanza precocemente?
Diciamo che quando si è giovani ed inesperti diventa complicato avere a che fare con istituzioni mass-mediatiche e gestirle in modo che non finiscano per invadere la propria vita privata o condizionare la propria immagine. Ancora oggi non gradisco molto vedermi in televisione, che non è fra le mie forme di comunicazione preferite. Comunque il dichiarato interesse nei miei confronti è sempre stato motivato dal ruolo di paladino della giustizia o della legalità facilmente accostabile all’immagine di un ragazzo che scrive su Scampia. In realtà non è mai stata una mia priorità cercare di cambiare il mondo o denunciare i disagi di Scampia. È sempre stata una mia esigenza, invece, esprimermi, attraverso i miei scritti, riguardo la realtà che vedo e che ascolto, e lasciare la mia opinione.
E appunto, questo ruolo di giustiziere accostato al tuo nome, o anche le semplici osservazioni che trapelano dalle tue poesie, ti sono costate ripercussioni negative?
Ogni cosa bella che si rispetti cela un rovescio della medaglia. Ovviamente il prezzo di mettere a nudo le proprie opinioni e i propri sentimenti, specie se riguardano un contesto delicato e non proprio semplicissimo, è quello di diventare facile bersaglio di critiche, giudizi, e a volte anche insulti. Il problema non sono solo i coetanei, che magari possono limitarsi ad uno scherno o ad una malcelata beffa, e nei casi più estremi anche ad immotivate minacce, quanto invece gli adulti, anche istituzioni ed insegnanti spesso, che con il loro atteggiamento derisorio o sarcastico possono creare non pochi danni. Una situazione molto sgradevole mi fu creata da una docente dell’istituto superiore che ho frequentato, ad esempio. La sua ironia sagace riguardo il mio “mestiere” di “poeta” si tramutava quasi in accanimento inspiegabile, a volte. Rischi del mestiere!
“Emanuele Cerullo, il piccolo poeta di Scampia”. Questa la denominazione che ti si accosta più di frequente. Quanto ti ci rispecchi?
Ad essere sincero molto poco. L’immagine che si è diffusa di me è quella del ragazzo di Scampia che scrive poesie. E lo stupore dei lettori è quasi tutto là, nel fatto che a Scampia possa nascere e crescere qualcuno che ha una qualche competenza culturale. Io non sono poeta solo perché vengo da Scampia, né voglio che risulti curioso che io venga da Scampia eppure faccio poesia. Io mi esprimo attraverso la poesia. Punto. In secondo luogo, vivo a Scampia. Questa è tutto ciò che vorrei si dicesse di me.
Bene Emanuele. Constatato che la tua attività è irrequieta ed inarrestabile, all’alba della pubblicazione del tuo secondo libro a soli 22 anni, puoi riservarci qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti?
“Mi sono costretto a vivere il sogno perché più non voglio sognare di viverlo, sto costringendomi ad inventare il tempo per non perderlo”…Questo è uno dei miei versi preferiti. Riassume il mio modo di vivere la vita. Riassume anche la mia risposta riguardo i miei progetti futuri… Non bisogna mai fermarsi. Mai smettere di inventare il proprio tempo e i propri sogni. In conclusione vi posso solo dire che la mia creatività non cessa mai di fermentare, e che sono già al lavoro sul prossimo libro. Ma per oggi con gli Spoiler basta così!
Letizia Laezza
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