Mentre a Roma si discute, Sagunto è presa – EDITORIALE

(Editoriale pubblicato anche sull’edizione nazionale del Corriere Quotidiano)

“Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” “Mentre a Roma si discute, Sagunto è presa”, chi non ha mai sentito, o tradotto nelle amate/odiate versioni del liceo, questa celebre frase di Tito Livio, un’espressione storica che ben si presta ad essere monito per chi si perde in continue e sterili discussioni senza affrontare il problema essenziale. L’ho trovata adatta, adattissima per rappresentare e sintetizzare quanto in queste ore sta accadendo nella Capitale, con l’amministrazione guidata dal Movimento Cinque Stelle impantanata in un perverso gioco di nomine ed equilibri di palazzo, nulla che riguardi realmente e da vicino i veri problemi che la città vorrebbe si affrontassero. Al Campidoglio si discute eccome, fino a tarda sera peraltro, ma non di vivibilità, sviluppo e opportunità per Roma; si ripresenta così – con volti diversi e finora portatori di premesse illusive – lo stesso gioco al massacro degli ultimi anni.

L'Assessore Paola Muraro e il sindaco Virginia Raggi

L’Assessore Muraro e il Sindaco Raggi

L’amministrazione Raggi, a cui beninteso auguro ogni fortuna nell’interesse collettivo, si trova oggi a pagare il prezzo degli errori di un’organizzazione che così come (non) strutturata non può funzionare in nessun piccolo comune, figuriamoci in una metropoli o ancor più al governo del Paese. I casi Quarto e Parma avrebbero dovuto segnare un cambio di rotta, un riassetto completo verso un’ossatura ideologica chiara da dare al Movimento: scegliere il giustizialismo ad oltranza, con tutto ciò di innegabilmente nefasto che questo comporta dal punto di vista ideale quanto fattuale, oppure una forma di garantismo trasparente nell’ambito di un sistema valoriale che appare invece evidentemente lontano dalla linea populista, elettoralmente conveniente, oggi preferita. Il Movimento Cinque Stelle ha dunque un urgente bisogno di riformarsi, di darsi regole certe ispirate a principi fondamentali che non possono essere cambiati caso per caso, a seconda della persona o della situazione, si rischia altrimenti di essere giustamente bollati come incoerenti, mentre si saltella tra giustizialismo e garantismo senza avere la benché minima idea di come comportarsi al prossimo scomodo episodio da dover valutare. Serve poi una svolta profondamente democratica, e sembra una riflessione provocatoria se detta in riferimento a un gruppo che fa della “partecipazione dal basso” il suo slogan portante, eppure risulta quanto mai sincera visto che ci si trova costantemente dinanzi a brutali interferenze da parte di deputati – chiamasi “direttorio” – che investiti, (non si sa da chi), di un potere sostanzialmente arbitrario, agiscono al di fuori dei propri ambiti istituzionali intervenendo nel merito, (che è cosa ben diversa da questioni interne), nelle esperienze amministrative cinquestelle di ogni parte d’Italia. Come se i cittadini di Roma, Quarto, Livorno, Parma, Torino, avessero votato oltre che per un Sindaco e dei Consiglieri, anche per avere degli speciali tutors da Roma con il potere incondizionato di poter interferire – in ogni caso illegittimamente – nelle decisioni della giunta. Serve dunque rovesciare una struttura che continua a dimostrarsi spaventosamente verticistica, in contraddizione con ogni slogan apparentemente ideologico che alimenta poi il consenso della base.
virginia-raggi-con-alcuni-noti-esponenti-del-m5sPer essere ancor più chiari: che significato ha sbandierare la tanto amata “partecipazione della rete” se ai sindaci regolarmente eletti viene de facto limitata la propria sacrosanta libertà politica di agire, peraltro affermata secondo parametri e confini stabiliti davanti agli elettori? Tutto finisce per risolversi in un’ inaccetabile e ingiustificata intromissione che rende impossibile sul piano tecnico il governo di qualsiasi comune, e che manca profondamente di rispetto ai cittadini che hanno democraticamente esercitato il diritto di voto esprimendo una preferenza in cabina elettorale sulla base del programma e delle qualità di una persona e di un progetto politico.

Bisogna poi sottolineare che ormai la partecipazione della rete è indubbiamente limitata a poco, il direttorio ne è diventata la longa manus – pur senza esserne stato scelto e senza aver ricevuto alcun pubblico mandato – in un sussulto di quella democrazia rappresentativa che proprio il M5S voleva scardinare e che invece si trova, neanche così  implicitamente, a dover riconoscere come necessaria.

Vignetta di Ellekappa per "Repubblica"

Vignetta di Ellekappa per “Repubblica”

Cosa accadrà ora a Roma lo si vedrà nelle prossime ore, i discorsi complottisti su una “trama occulta” contro il M5S hanno davvero poco valore, e francamente risultano anche fastidiosi e pesanti, perché che esiste un problema nell’amministrazione capitolina è fuor di dubbio, e le stesse ammissioni di alcuni esponenti del Movimento lo hanno confermato. La “tesi dell’ingenuità” poi non regge, qualcuno dalla piazza di Nettuno ha provato a battere questa strada, ma per chi si vuole candidare alla guida del Paese suona quasi come un clamoroso autogol.

Resta dunque da vedere se la giunta Raggi riuscirà ad ottenere da questa vicenda la giusta autonomia politica, e se il M5S accantonerà gli impulsi giustizialisti che tanto fanno piacere quando bisogna puntare il dito contro gli altri, ma che tanto antipatici si rivelano quando spingono a guardare in casa propria. Sono comunque convinto che i cittadini sensibili al futuro del Paese e della città non possono che auspicare, al di là delle appartenenze, che Roma inizi a discutere dei suoi veri problemi, con Raggi – sindaco eletto con percentuali significative –  in grado di governare libera da manipolazioni, ma con decisione e trasparenza. Un giudizio politico completo lo si potrà dare solo allora, per adesso c’è delusione, rabbia, e un primo voto largamente insufficiente per il tempo che si sta sprecando in queste beghe di “partito”, termine magari poco amato dal M5S, ma che ben riassume queste confuse ore romane.

“Dum Romae consulitur […]”, per tornare a Tito Livio: mentre i Romani discutevano se e come intervenire contro Annibale, la città di Sagunto, ridotta alla fame e stremata dalle battaglie, fu rasa al suolo dalle forze cartaginesi. C’è ora da capire, in questo fortunato parallelismo storico, chi oggi nella Capitale rappresenta il senato romano dell’epoca, e chi invece può ritrovarsi nei panni di Sagunto, mai così vicina al tracollo.
A ognuno la sua interpretazione, dopotutto stavolta immaginare e comprendere è piuttosto facile, e la realtà – purtroppo – aiuta parecchio. 

Salvatore Salzano

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