Ed eccoci qui, come ogni anno, a commentare il rapporto di Reporters sans Frontières (RsF) sulla libertà di stampa nel mondo, con una classifica che conta ben 180 Paesi e che nel 2016 ci vede scendere ancora di quattro posti; dal 73mo al 77mo. Vince ancora, da sei anni a questa parte, la Finlandia, il paradiso dei giornalisti, mentre a seguire troviamo Olanda, Norvegia, Danimarca, Nuova Zelanda, Costa Rica, Svizzera, Svezia, Irlanda e Giamaica. Queste le prime dieci posizioni. (Clicca qui per vedere la classifica completa)
Ma quali sono i canoni secondo cui si stila questa classifica? Per la sua definizione quest’organizzazione non governativa si avvale di due misurazioni: una qualitativa ed una quantitativa. Nel primo caso somministrando a professionisti dei media, giuristi e sociologi, un questionario composto da 87 domande prettamente concentrate sul tema del pluralismo, livello di indipendenza dei media, ambiente ed autocensura, il quadro giuridico, la trasparenza e la qualità delle infrastrutture alla base della produzione di informazione. Per la misurazione quantitativa vengono, invece, presi in considerazione i fenomeni di violenza contro chi lavora negli organi di stampa, rilevando anche i livelli di concussione. Il calcolo finale verrà fatto su una scala da 0 a 100 in cui i vari livelli sono suddivisi in questa maniera:
0 – 15 punti : situazione buona (bianco)
15,01 – 25 punti : situazione abbastanza buona (giallo)
25,01 – 35 punti : problemi significativi (arancione)
35,01 – 55 punti : situazione difficile (rosso)
55,01 – 100 punti : situazione molto grave (nero)
L’Italia, con un punteggio di 28,93 si classifica nella fascia dei Paesi con problemi significativi. In merito a quest’anno, le motivazioni che hanno spinto Reporters sans Frontières a declassarci di quattro posizioni sono state le vicende di Vatileaks, riguardanti gli scandali della Santa Sede, ed il fatto che molti, tra i 30 ed i 50, giornalisti sono sotto protezione perché hanno subito minacce in seguito alle loro attività di inchiesta.
E’ vero ,in Italia l’ambiente non è favorevole a molti giornalisti che si vedono costretti a ‘seguire’ la linea politica del giornale di cui fanno parte. E’ vero, il quadro giuridico attuale, e l’Ordine pure, lasciano decisamente a desiderare, ma basta questo a farci scivolare dietro a molti Paesi, ad esempio africani, con situazioni politiche di dubbia democraticità? Nei giorni scorsi, mentre leggevo su più testate di questo argomento, non ho potuto fare a meno di trovarmi sinceramente d’accordo con quanto detto dal giornalista de Il Fatto Quotidiano Beppe Lopez quando scrive: “Certo, l’Italia vive da almeno un trentennio un degrado dei processi democratici, delle vita istituzionale, della qualità del personale politico e della classe dirigente, in conseguenza della stessa vita sociale ed economica, e del mondo dei media che forse non ha eguali nel mondo. Eppure, non credo che tutti quei 76 popoli siano meno peggio di noi in fatto di libertà di stampa. Diciamo che essere cittadini e giornalisti nel nostro paese, con una certa dignità e indipendenza, oggi è molto frustrante, induce in sofferenza, in serie problematiche e spesso in disarmata solitudine. Ma mi pare che in molti di quei paesi che sono avanti all’Italia, nella classifica di Reporters sans frontières, un cittadino e giornalista italiano con la schiena dritta avrebbe probabilmente molte più difficoltà di quante non ne abbia in Italia”. (Clicca qui per leggere il suo articolo integralmente)
Si, l’Italia si trova a vivere da troppo tempo una crisi che ci ha portato a fare più di un passo indietro rispetto al passato, ma il fatto stesso di avere tra i 30 ed i 50 giornalisti sotto protezione vuol dire avere 30-50 giornalisti che hanno fatto più di un ottimo lavoro. Significa avere professionisti che si sono prodigati nel loro mestiere di divulgatori andando oltre il loro benessere personale, dando tutto per la collettività e per questo Paese. E’ il governo, insieme alla magistratura e agli organi di polizia, che deve sradicare ogni tipo di organizzazione malavitosa e garantire sicurezza ai propri cittadini. Sicuramente è una situazione difficile che ha radici molto profonde nella storia della nostra penisola ed è un chiaro esempio di come il cane si morda la coda. Mi spiego meglio: se è vero che la criminalità organizzata, quindi la camorra, la mafia e la ndrangheta esistono, è pur vero che molti giornalisti si trovano in una situazione di pericolo perché ne hanno parlato ed hanno denunciato questo sistema. Uno ad esempio: Roberto Saviano, ma ne potremmo citare tanti altri. Dunque, se è vero che l’Italia è stata ‘declassata’ al 77mo posto perché abbiamo giornalisti sotto protezione, mi domando: ma non è proprio perché hanno esercitato la loro libertà di stampa che si trovano in questa situazione? Basta la minaccia di morte a determinare chi ha libertà di espressione e chi no? Io dico no. E lo dicono gli stessi giornalisti che nonostante il pericolo continuano a lavorare e a denunciare.
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Martina Shalipour Jafari
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